giovedì 28 luglio 2011

Una lista di domande da porci (1° parte)

"Se avete quesiti da pòrci, rivolgetevi a me che sono qui per soddisfarvi"
(Achille Campanile, Manuale di conversazione, 1973, Rizzoli)
Discussione è una parola a cui tutti rendono omaggio con le labbra e non sempre con tanta convinzione, forse anche perché tuttora intimiditi dell'abuso che si faceva del termine ai tempi del '68 e dintorni. Sta di fatto che, nella sostanza, alla discussione vi siamo poco abituati.
Il concetto di discussione implica che nessuno possa pretendere di avere in mano la verità assoluta su tutte le cose e che è proprio tramite il confronto delle idee che si possa giungere ad una maggiore comprensione della realtà. Un concetto che tanti hanno ripetuto (talvolta ossessivamente) ma nel quale ben poco gli italiani, abituati nella loro storia ad alternare dominazioni con tirannie o a mescolare le due cose, sono mai riusciti a credere.
Mio padre era solito citare una battuta sentita dal politico Salvatore Cottoni (1914-1974), avvocato, parlamentare e sottosegretario, il quale con la tipica verve degli abitanti di Sorso ironizzava sulla poca fiducia degli italiani nella discussione: “La democrazia è una gran bella cosa; basta che a comandare sia uno solo”.
La frase fotografa in modo evidente l'atteggiamento degli italiani e permettetemi di dire che delegare costantemente gli altri a decidere per noi non risolve i problemi. Siamo liberi di credere negli uomini del destino, come di credere in Babbo Natale. È nostro diritto farlo. Ma puntare la nostra vita su un Uomo del Destino ha esattamente gli stessi effetti pratici che affidarci a Babbo Natale.
Ben lo sapevano gli antichi dai quali spesso traiamo parole che sembrano scritte appositamente per l'Italia postmoderna: “Quando manca una savia direzione il popolo cade; nel gran numero de' consiglieri sta la salvezza” (Proverbi 11:14).
Così dopo aver riaperto il mio blog Zeezrom e ancor più dopo aver aperto la pagina sulla Riforma della giustizia dal basso, ho pensato ad un modo di stimolare la discussione del maggior numero di persone e ho pensato che la cosa migliore poteva essere quella che troverete nel prossimo post, ovvero una lista di domande da porci.
No, non nel senso della sopracitata battuta di Achille Campanile, ma nel senso di una serie di domande che possiamo fare a noi stessi per stimolare interventi.
Alcune possono essere considerate domande suggestive, nel senso che in qualche modo indicano o perlomeno ammiccano in una direzione gradita a chi scrive. Altre sono domande di pura provocazione, che mi auguro inducano qualcuno a farsi vivo con un'idea completamente diversa e che considererò rispettabile come qualsiasi altra. Altre ancora sono domande non suggestive, ma che sollevano problemi.
Un ultimo pensiero, per concludere questa presentazione. Vorrei dire qualcosa sul ruolo che può e deve avere la creatività nella riforma dal basso della giustizia. Creatività è un altro concetto di cui tanti si riempiono la bocca, ma che in fondo disprezzano, perché costa fatica o per altri motivi ancora meno nobili.
Ricordo un articolo su una celebre rivista in cui si parlava di un gruppo di creativi cui era stato chiesto di trovare idee per un nuovo tipo di vernice.
A un certo punto uno di loro fece una proposta pazzesca: inventare una vernice mescolata a polvere da sparo. Così se uno si stufava del colore della stanza, accendeva un fiammifero e si sbarazzava della vernice.
Il problema era che, in un caso del genere, accendendo il fiammifero sarebbe probabilmente esplosa anche la casa. L'idea era veramente assurda, se non delirante, ma quello era un gruppo di creativi e sapevano che nessuna idea è buona o cattiva a priori.
Ne discussero tra di loro e, da quella folle idea di mescolare la vernice alla polvere da sparo, nacque l'invenzione di un nuovo tipo di vernice più facile da rimuovere.
Insomma, il concetto è che tutte le idee devono essere rispettate. Questo non vuol dire che non debbano essere poste in discussione e neanche che tutte le idee debbano essere abbracciate. Ma invito chiunque ad esprimersi sulle domande che faccio e a dire quello che pensano, senza paura. E invito anche chiunque a non escludere a priori nessuna soluzione possibile, pur esprimendo liberamente tutte le proprie riserve su quello che sentono.
Siamo pronti per questa grande operazione di democrazia diretta?

martedì 19 luglio 2011

Petizione online contro l'aumento del contributo unificato

LeggiOggi.it, il quotidiano di Informazione Giuridica diretto dall'avvocato Carmelo Giurdanella ha indetto una petizione online per protestare contro l'aumento del contributo unificato e la sua introduzione in materie in cui prima non era previsto, quali le cause del lavoro e previdenziali e le cause di separazione dei coniugi. Io ho firmato subito e mi permetto umilmente di invitarvi a fare lo stesso. (Troverete un banner in fondo alla pagina su cui potrete cliccare per partecipare alla petizione.)

Chi non ha a che fare con il sistema giudiziario, può non rendersene conto, ma l'aumento del contributo unificato (la tassa per cominciare le cause civili e amministrative) è un altro balzello che cade sulla povera gente. A De Benedetti e Marchionne non gliene frega niente, ma a una povera vecchia che deve fare ricorso perché le hanno negato la pensione, sì.

domenica 17 luglio 2011

Perché ci serve una riforma della giustizia vera

In Italia sembra non sia quasi possibile parlare di riforma della giustizia, senza schierarsi politicamente. E quando parlo di schieramento politico non mi riferisco genericamente all'appartenenza culturale di una persona ad un'area politica o a un'altra, ma proprio ad un becero stare dalla parte di Tizio o di Caio.
Sei per la separazione delle carriere? Allora sei di destra e berlusconiano. Sei contrario alla separazione delle carriere? Allora sei di sinistra e comunista. Vuoi i giudici eletti dal popolo? Allora sei un leghista (che nessuno ha ancora capito se siano di destra o di sinistra ma tanto che differenza fa?).
Quando si parla dei problemi della giustizia, è particolarmente importante guardare le cose con un occhio pratico e considerare che ci sono diversi modi di fare le cose, che la giustizia funziona in maniera abbastanza diversa in diversi paesi considerati politicamente avanzati (non mi riferisco alla Cina o all'Iran) e che molto dipende da come le cose vengono fatte più che dagli slogan di turno.
Cominciamo subito col dire qualcosa che parrà lapalissiano e cioè che la lotta tra una parte politica e i magistrati ha creato un danno immenso all'Italia.
Hai scoperto l'acqua calda, Casimiro!”, direte voi. Forse. Ma quello che intendo io è diverso da quello che si intende comunemente.
Il danno che io vedo in questa contrapposizione, al di là del contenuto delle varie leggi ad personam e dei loro effetti sulla situazione dell'Italia (senza peraltro nulla togliere alla rilevanza di questi problemi) è che il dibattito su come debba essere riformata la giustizia rimane viziato e si fossilizza su quei pochi punti che hanno a che fare con gli interessi di qualcuno.
Non solo, ma se una parte dice che bisogna riformare la giustizia, l'altra pensa che questo sia legato a quei problemi politici contingenti. Così il concetto di riforma della giustizia perde il suo valore originario e diventa strumentale a disegni politici. L'effetto di tutto questo è l'illusione che, se non vi fossero i problemi con la giustizia di qualcuno, non vi sarebbe alcun bisogno di riformare la giustizia in Italia.
Purtroppo non è così. Il sistema giudiziario italiano è sostanzialmente allo sfascio.
Proprio ieri ero in un palazzo di giustizia in cui da oltre un anno campeggiano dei cartelli che dicono:
La cancelleria civile non è in grado di svolgere il regolare servizio di rilascio copie data la cronica mancanza di fondi ministeriali. Si chiede la gentile collaborazione dei signori avvocati onde supplire a tale mancanza. Certi di una fattiva collaborazione, si ringrazia (carta A4)
In parole povere, non hanno neanche la carta per fare le copie e chiedono agli avvocati di fornirla loro.
Dobbiamo peraltro plaudere alla buona volontà di questi funzionari di cancelleria, i quali cercano in qualche modo e ingegnandosi di mandare avanti qualcosa che di per sé dovrebbe essere crollato da un pezzo.
E che dire delle cause civili che si trascinano per anni e con giudici che vengono cambiati tre o quattro volte nel corso del procedimento?
O vogliamo parlare dei risarcimenti del danno non patrimoniale, che si possono definire solo stitici per la loro esiguità?
Per non parlare delle sezioni lavoro dei tribunali, che una volta venivano accusate di essere sempre dalla parte del lavoratore (vero o falso che fosse) ma che ora a me sembrano uffici periferici della Confindustria.
Sui processi penali mi riservo di ampliare il discorso in seguito. Diciamo solo che sono indubbiamente più veloci di quelli civili, ma tra un'udienza e l'altra passano tanti di quei mesi che i tempi si allungano in modo pazzesco e la decisione di questioni a volte bagatellari, altre volte meno, viene presa quando ormai le persone interessate se ne sono quasi dimenticate.
Chi denuncia qualcuno in un momento d'ira per un fatto che gli sembra troppo grave per essere messo da parte, se ne pente poi amaramente quando deve andare in un'aula di giustizia tre o quattro volte per testimoniare. Spesso la prima volta non lo sentono perché la procura non ha fatto in tempo a notificare all'imputato. La seconda neppure perché magari pur essendo stata spedita la notifica non risulta tornato indietro l'avviso di ricevimento. La terza volta, se non ci sono altri impedimenti, finalmente la parte offesa viene sentita; il che è tutto sommato meno grave se questa persona vive nella città sede dell'ufficio giudiziario, ma in alcuni casi questa persona deve fare un lungo viaggio a sue spese per andare a testimoniare. Per non parlare di quando si cambia il giudice e il nuovo giudice deve sentire di nuovo tutti i testimoni perché così prescrive il codice, in assenza del consenso dell'imputato (che non viene dato quasi mai, per ovvi motivi).
O ancora, sempre saltando di palo in frasca, che vi sembra del fatto che se qualcuno vi aggredisce e voi lo denunciate, prima che quella persona sia condannata in via definitiva, passano diversi anni e niente impedirebbe a quella stessa persona di vendicarsi mille volte di voi? E che, una volta che si giunge alla condanna, se era incensurato (in questo paese esiste un gran numero di mascalzoni incensurati) ci sono ottime possibilità che riceva la sospensione condizionale e non veda neanche un giorno di prigione.
Al contrario dal punto di vista dell'imputato, questo è un paese in cui una persona viene condannata anche solo perché qualcuno ha detto di avere subito da lui una minaccia o un'offesa, pur in mancanza di altre testimonianze che lo confermino e senza concreti riscontri. In questo paese troppe persone ritengono che se uno viene rinviato a giudizio, probabilmente è colpevole e il principio di presunzione d'innocenza, onorato da tutti con le labbra, nella sostanza viene messo continuamente sotto i piedi nei nostri tribunali.
Ma questi non sono problemi di cui si parla tanto, perché non riguardano ricchi milionari in politica, ma solo povera gente che non arriva sulle prime pagine dei giornali.
Una riforma della giustizia deve essere fatta sicuramente, ma per loro. È la gente semplice che ha più bisogno di una giustizia più giusta, sia per quando è offesa dal reato, che quando è accusata di un reato o quando deve difendere un suo diritto in sede civile.
Questo è l'inizio di un ragionamento che intendo fare dalle pagine di questo blog in merito ai problemi della giustizia e sulla difesa dei diritti delle persone. Mi scuso con i colleghi avvocati se parlerò in termini non abbastanza tecnici e, nel rendere i concetti, ci potrà essere qualche imprecisione. Cerco di essere preciso ma la precisione e la chiarezza tendono a bisticciare continuamente tra loro.
La mia idea è di aprire un dialogo con più persone su questi problemi e di far parlare dei problemi della giustizia in modo da discutere quello che interessa veramente a loro. Perché i potenti vanno e vengono, ma la sofferenza della gente comune rimane.

venerdì 15 luglio 2011

Ieri era il 14 luglio: la presa della Bastiglia

Era tutta la mattina che nei vari uffici di cancelleria in cui andavo, quando capitava di citare che giorno fosse dicevo: “Quattordici luglio, quatorze juillet: la Presa della Bastiglia!” e ci si scherzava sopra.
Ma dentro di me mi auguravo che questo giorno avesse un significato per tutti.
Non ho mai avuto fede nelle masse. Non sarei potuto essere un buon comunista: credo sempre soprattutto nell'iniziativa del singolo e quando qualcosa di buono accade per il sommovimento di una massa, tendo sempre a pensare che si tratta della convergenza di un gran numero di singoli che sono riusciti a mettersi d'accordo.
Eppure non riesco a non trovare affascinante che da quell'assalto di un gruppo di persone ad una prigione particolarmente odiata, da quello che ora passerebbe sicuramente per un atto terroristico, sia nata una grande speranza, che ha portato a sostanziali miglioramenti nella vita di tutti noi.
La Rivoluzione Francese ha avuto i suoi eccessi (e non pochi) e ha condotto in seguito alla tirannia di Napoleone, ma come possiamo non ammirare i principi che ci ha donato, che erano tutt'altro che scontati a quel tempo e non sono per niente scontati neppure ora?
Ieri era il 14 luglio, anniversario della Presa della Bastiglia e io aspetto, mi auguro che anche in Italia non una massa informe, ma l'incontro fortunato di tante menti pensanti si ribelli alla Bastiglia delle nostre menti e non si limiti come nei Promessi Sposi ad attaccare forni per avere un po' di pane, ma diffonda a piene mani il pane della conoscenza che redime l'uomo da un futuro di poco superiore a quello della bestia.